martedì 22 novembre 2011

Leggi della Gestalt - teoria della forma

La nascita della psicologia della Gestalt si fa risalire esattamente al 1912, quando Max Wheteimer  scrisse un articolo in cui identificava un processo percettivo unitario – da lui chiamato fattore "phi" – grazie al quale i singoli stimoli verrebbero integrati, nel soggetto, in una forma dotata di continuità. Ciò significava che quello che prima era stato considerato un processo passivo – il percepire – veniva ad essere pensato come qualcosa di gran lunga più attivo, come un’attività subordinata a certi principi organizzativi generali. Werthemeir sosteneva che non c’è corrispondenza diretta tra realtà empirica e realtà percettiva e che quindi per comprendere il fenomeno percettivo non bisogna partire dalla descrizione dei singoli elementi sensoriali ma dalla situazione percettiva globale perché la “forma non è data dalla semplice somma dei suoi elementi ma è qualcosa di più, di diverso”.
La percezione dunque non dipende dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un “insieme organizzato”, in una “Gestalt” (generalmente tradotta con “forma”, “struttura”, “pattern”).
Le modalità secondo le quali si costituiscono le forme sono state classificate e descritte come “leggi della forma” e sono state elencate da Wertheimer nel 1923 nel modo seguente:
  1. legge della vicinanzaLegge della vicinanza: gli elementi del campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto minore è la distanza tra di loro.
    Nel design di un’interfaccia possiamo utilizzare questo principio per rendere più chiara la struttura della pagina (divisione in paragrafi di un testo).

  1. legge della somiglianzaLegge della somiglianza: gli elementi vengono uniti in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore è la loro somiglianza.
    Utilizzare elementi, colori o simboli che visivamente collegano un’informazione ad un’altra aiuta a rendere accessibile e facilmente navigabile anche un sito con grandi quantità di contenuti.

  1. legge del destino comuneLegge del destino comune: gli elementi che hanno un movimento solidale tra di loro, e differente da quello degli altri elementi, vengono uniti in forme.
    In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od orientamento o movimento, secondo l’andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate.



  1. legge della chiusuraLegge della chiusura: le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come unità formali.
    La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti

  1. Legge della continuità di direzioneLegge della continuità di direzione:una serie di elementi posti uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione.
    Nella figura percepiamo come unità AB e XY e non AY e XB o ancora AX e YB.

  1. Legge della pregnanza: la forma che si costituisce è tanto “buona” quanto le condizioni date lo consentono.
    In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta: quanto più regolari, simmetriche, coesive, omogenee, equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione.

  1. Legge dell’esperienza passataLegge dell’esperienza passata: elementi che per la nostra esperienza passata sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme.
    Un osservatore che non conosce il nostro alfabeto non può vedere la lettera E in queste tre linee spezzate.

mercoledì 16 novembre 2011

Grandi Maestri III

Bruno Munari

È stato uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del XX secolo, dando contributi fondamentali in diversi campi dell'espressione visiva (pitturasculturacinematografia, design industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco.
Bruno Munari è figura leonardesca tra le più importanti del novecento italiano. Assieme allo spaziale Lucio Fontana, Bruno Munari il perfettissimo domina la scena milanese degli anni cinquanta-sessanta; sono gli anni del boom economico in cui nasce la figura dell’artista operatore-visivo che diventa consulente aziendale e che contribuisce attivamente alla rinascita industriale italiana del dopoguerra.
Munari partecipa giovanissimo al futurismo, dal quale si distacca con senso di levità ed umorismo, inventando la macchina aerea (1930), primo mobile nella storia dell'arte, e le macchine inutili (1933). Verso la fine degli anni ‘40 fonda il MAC (Movimento Arte Concreta) che funge da coalizzatore delle istanze astrattiste italiane prospettando una sintesi delle arti, in grado di affiancare alla pittura tradizionale nuovi strumenti di comunicazione ed in grado di dimostrare agli industriali la possibilità di una convergenza tra arte e tecnica. Nel 1947 realizza Concavo-convesso, una delle prime installazioni nella storia dell'arte, quasi coeva, benché precedente, all'ambiente nero che Lucio Fontana presenta nel 1949 alla Galleria Naviglio di Milano.
È il segno evidente che la problematica di un'arte che si fa ambiente e in cui il fruitore è sollecitato, non solo mentalmente, ma in modo ormai multi-sensoriale, è ormai matura.
Nel 1950 realizza la pittura proiettata attraverso composizioni astratte racchiuse tra i vetrini delle diapositive e scompone la luce grazie all'uso del filtro Polaroid realizzando nel 1952 la pittura polarizzata, che presenta al MoMA nel 1954 con la mostra Munari's Slides.
È considerato uno dei protagonisti dell’arte programmata e cinetica, ma sfugge per la molteplicità delle sue attività e per la sua grande ed intensa creatività ad ogni definizione, ad ogni catalogazione.

Negli anni cinquanta le sue ricerche visive lo portano a creare i negativi-positivi, quadri astratti con i quali l'autore lascia libero lo spettatore di scegliere la forma in primo piano da quella di sfondo. Nel 1951 presenta le macchine aritmiche in cui il movimento ripetitivo della macchina viene spezzato dalla casualità mediante interventi umoristici. Sempre degli anni '50 sono i libri illeggibili in cui il racconto è puramente visivo. Nel 1954 utilizzando le lenti Polaroid costruisce oggetti d'arte cinetica noti come Polariscopi grazie ai quali è possibile utilizzare il fenomeno della scomposizione della luce a fini estetici. Nel 1953 presenta la ricerca il mare come artigiano recuperando oggetti lavorati dal mare, mentre nel 1955 crea il museo immaginario delle isole Eolie dove nascono le ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari, composizioni astratte al limite tra antropologia, humour e fantasia. Nel 1958 modellando i rebbi delle forchette crea un linguaggio di segni per mezzo di forchette parlanti. Nel 1958 presenta le sculture da viaggio che sono una rivisitazione rivoluzionaria del concetto di scultura, non più monumentale ma da viaggio, a disposizione dei nuovi nomadi del mondo globalizzato di oggi. Nel 1959 crea ifossili del 2000 che con vena umoristica fanno riflettere sull'obsolescenza della tecnologia moderna.
Negli anni sessanta diventano sempre più frequenti i viaggi in Giappone, verso la cui cultura Munari sente un'affinità crescente, trovandovi precisi riscontri al suo interesse per lo spirito zen, l'asimmetria, il design ed il packaging della tradizione giapponese. Nel 1965 a Tokyo progetta una fontana a 5 gocce che cadono in modo casuale in punti prefissati, generando una intersezione di onde, i cui suoni, raccolti da microfoni posti sott'acqua, vengono riproposti amplificati nella piazza che ospita l'installazione.
Negli anni '60 si dedica: alle opere seriali con realizzazioni come aconà biconbì, sfere doppie, nove sfere in colonna, tetracono (1961-1965) o flexy (1968); alle sperimentazioni cinematografiche con i film i colori della luce (musiche di Luciano Berio), inox, moire (musiche di Pietro Grossi), tempo nel tempo, scacco matto, sulle scale mobili (1963-64); alle sperimentazioni visive con la macchina fotocopiatrice (1964); alle performance con l'azione far vedere l'aria (Como, 1968).
Infatti, insieme a Marcello Piccardo e ai suoi cinque figli a Cardina, sulla collina di Monteolimpino a Como, tra il 1962 e il 1972 ha realizzato pellicole cinematografiche d'avanguardia. Da questa esperienza la nascita della "Cineteca di Monteolimpino - Centro internazionale del film di ricerca" A Cardina, conosciuta anche come "La collina del cinema", Bruno Munari ha vissuto e lavorato a lungo tutte le estati, fino agli ultimi anni della sua vita. La sua abitazione-laboratorio, tuttora esistente, era situata proprio in fondo alla strada carrozzabile, in via Conconi di fronte al ristorante Crotto del Lupo. nel libro "La collina del cinema" di Marcello Piccardo (Nodo libri, Como, 1992) è riassunta l'esperienza di quegli anni. Nel racconto "Alta tensione" (1991) di Bruno Munari, l'artista espone il suo stretto rapporto con i boschi della collina di Cardina.
Nel 1974 esplora le possibilità frattali della curva che prende il nome del matematico italiano Giuseppe Peano, curva che Munari riempie di colori a scopi puramente estetici.
Nel 1977, a coronamento dell'interesse costante verso il mondo dell'infanzia, crea il primo laboratorio per bambini in un museo, presso la Pinacoteca di Brera a Milano.
Negli anni '80 e '90 la sua creatività non si esaurisce e realizza diversi cicli di opere: le sculture filipesi (1981), le costruzioni grafiche dei nomi di amici e collezionisti (dal 1982), i rotori (1989), le strutture alta tensione (1990), le grandi sculture in acciaio corten esposte sul lungomare di Napoli, Cesenatico, Riva del Garda, Cantù, gli xeroritratti (1991), gli ideogrammi materici alberi (1993).
Dopo vari e importanti riconoscimenti in onore della sua attività vastissima, Munari realizzò la sua ultima opera pochi mesi prima di morire a 91 anni nella sua città natale.

« Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti  lo avrebbe già fatto prima. »

Arti visive 




« Il sogno dell'artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali. »




La vulcanica produzione "artistica" in senso stretto di Munari, apparsa in più di 200 mostre personali e 400 mostre collettive, è un pot-pourri di tecniche, metodi e forme.
Negli anni del fascismo, Munari lavorò per vivere come grafico nel campo del giornalismo, realizzando le copertine di diverse riviste. Con i futuristi espose alcuni dipinti, ma già nel 1930 crea le prime "macchine inutili" vere opere astratte sviluppate nello spazio che coinvolgono ambiente circostante.e dedicandosi a opere via via meno convenzionali, come la "macchina aerea" (1930), la "tavola tattile" (1931), le (1933), i collage (1936), il mosaico per la Triennale di Milano (1936), le strutture con elementi oscillanti (1940).
Negli anni '40 e '50, cominciò a delineare alcune linee guida della sua esplorazione:
  • l'arte come ambiente: Munari è tra i primi a ideare e anticipare le installazioni ("Concavo-convesso", 1946) e le videoinstallazioni (proiezioni dirette (1950) e proiezioni a luce polarizzata (1953))
  • l'arte cinetica ("Ora X" del 1945 è probabilmente la prima opera cinetica prodotta in serie nella storia dell'arte)
  • l'arte concreta (i "Negativi positivi" a partire dal 1948)
  • la luce (le fotografie del 1950, gli esperimenti con luce polarizzata del 1954)
  • la natura e il caso ("Oggetti trovati" del 1951, "Il mare come artigiano" del 1953)
  • il gioco (i "Giocattoli d'artista" del 1952)
  • gli oggetti immaginari (le "Scritture illeggibili di popoli sconosciuti", del 1947, il "Museo immaginario delle isole Eolie" a Panarea del 1955, le "Forchette parlanti" del 1958, i "Fossili del 2000" del 1959)
Nel 1949 iniziò a realizzare i "libri illeggibili",libri dove le parole spariscono per lasciare spazio alla fantasia di coloro che sapranno immaginare altri discorsi leggendo carte di colori diversi,strappi, fori e fili che attraversano le pagine.La serie dei libri illeggibili continuò fino al 1988, mentre del 1954 è la sua fontana per la Biennale di Venezia.
Negli anni '60, grazie all'adozione di tutte le nuove tecnologie disponibili al grande pubblico (proiettori, fotocopiatrici, cineprese), l'attività artistica di Munari divenne un'enciclopedia dell'arte fai-da-te, dove ogni opera conteneva l'implicito messaggio per l'osservatore "prova anche tu": xerografie, studi sul movimento, fontane, strutture flessibili, illusioni ottiche, film sperimentali ("I colori nella luce", del 1963, comprendeva musiche di Luciano Berio). Nel 1962 organizzò la prima esposizione di arte programmata, presso il negozio Olivetti di Milano.
Nel 1969 Munari preoccupato della errata considerazione critica del suo lavoro artistico, tuttora spesso confuso con altri generi (didattica, design, graphic design) ha scelto la storica d’arte Miroslava Hajek per curare una selezione delle sue opere d’arte più importanti. La raccolta, strutturata cronologicamente, illustra la sua continua creatività, coerenza tematica e l’evoluzione della sua filosofia estetica fino alla sua morte
Durante gli anni '70, dato il maggiore interesse rivolto alla didattica vera e propria e alla scrittura, la produzione artistica in senso stretto si andò diradando, per riprendere solo alla fine del decennio. Nel 1979 realizzò uno spettacolo di luce per il Teatro comunale di Firenze.
Negli anni '80 e '90 Munari prosegue nell'esplorazione creativa con gli "olii su tela" (del 1980 e riproposti con una sala personale alla Biennale di Venezia nel 1986), le sculture "filipesi" nel 1981, i "rotori" nel 1989 e le sculture "alta tensione" del 1990-91, gli ideogrammi materici "alberi" del 1993.
Nelle ultime opere si va accentuando la dimensione privata, che ha un riscontro parallelo nella vasta produzione di libri a tiratura limitata stampati con Maurizio Corraini per amici e bibliofili.




Questo è uno dei pensieri del grande maestro Bruno Munari redattore di un sistema progettuale molto valido e che può essere schematizzato così





Ecco il metodo da seguire, il migliore. Dà un senso allo sviluppo del prodotto e può essere facilmente applicato anche verso altro indirizzi, non solo a quello tecnico. Il risultato finale, non dipende piu dai gusti e dalle opinioni, ma è una miscela di questi ultimi con una sequenza logica.
Trasportando lo schema ad un esempio pratico potremmo riassumerlo così:



                                                                               
                                                                                               http://it.wikipedia.org/wiki/Bruno_Munari

giovedì 10 novembre 2011

L'ARTE DI PRENDERE APPUNTI














A scuola ci sono molti modi di afferrare i concetti spiegati...chi preferisce prendere appunti scritti, chi crea dei schemini, chi non li prende affatto, chi li prende in due, o dal vicino....io preferisco prenderli così lo trovo naturale mentre ascolto una lezione di storia, piuttosto di matematica...associare per immagini...